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  Il Perdente alla roulette
In questa sezione tenterò, senza la pretesa di esaurire l'argomento, di far luce sulle principali ragioni che stanno alla base degli insuccessi, a volte eclatanti, dei giocatori, e cercherò anche di delineare una serie di aspetti psicologici che affliggono il giocatore cosiddetto "perdente".
Non intendo naturalmente fornire una serie di consigli, un codice di comportamento, poiché i problemi di cui trattiamo sono personalissimi e ognuno deve risolverli a propria misura e dentro di sè: lo scopo di queste considerazioni è soltanto quello di far sì che ognuno rifletta e approfondisca i concetti presentati e scopra autonomamente quanto lo riguarda da vicino, e le eventuali soluzioni appropriate.
I difetti gravi della condotta di un giocatore sono essenzialmente catalogabili in due categorie: difetti psicologici e difetti tecnico-tattici.
Analizziamo innanzitutto i difetti tecnici: tutti questi possono essere eliminati, o almeno ridotti sensibilmente, attraverso lo studio e la documentazione con la quale aumentare la perizia e approfondire la conoscenza della difficoltosa attività che ci proponiamo.
Grande contributo proviene, ad esempio, dalla scarsa conoscenza del regolamento e della struttura del gioco a cui si partecipa: appare di tutta evidenza l'assoluta necessità di conoscere alla perfezione il regolamento, poiché, in mancanza di questa padronanza, inevitabilmente si commettono errori che costano cari. Ricordo ad esempio di aver visto, rappresentato in uno dei suoi films, anche il grande James Bond, alias agente 007, commettere il più comune degli errori giocando due dozzine adiacenti mentre è possibile giocare, rispettando la somme puntate, una massa sul Passe (o sul Manque) e una sulla sestina mancante, ottenendo così le stesse probabilità di vittoria, le stesse proporzioni, ma evitando la tassa completa dovuta allo zero: se infatti uscisse lo zero la somma puntata sulle due dozzine verrebbe persa completamente, mentre puntando una parte sul Passe (o sul Manque) questa verrebbe persa solo per metà.

Di esempi come questo se ne potrebbero fare a decine.
Ancora più ingenuo e, per me, incomprensibile è il "sistemista" improvvisato, il quale mette in pratica un sistema che di fatto non conosce, mettendosi così nella condizione di non poter far fronte a tutte le situazioni che quel sistema propone, correndo un rischio enorme e, quel che è peggio, vanificando ogni validità del sistema stesso.
Meglio sarebbe per costui giocare a casaccio una qualsiasi combinazione, anziché proporsi in questa maniera incosciente, per poi affermare che con i sistemi si perde sempre.
Esistono poi espertissimi giocatori, ai quali mai e poi mai potremmo contestare qualsivoglia lacuna nelle conoscenze necessarie, che commettono però madornali errori tattici, che fanno la fortuna dei vari casinò.
La scena più comune che può essere osservata da noi frequentatori di casinò è quella del giocatore che passa un quarto d'ora di fortuna, accumula una buona vincita, ma non smette né riduce né razionalizza il suo gioco: dopo poco potremo osservarlo uscire mestamente senza passare per la cassa poiché il suo capitale si è rapidamente azzerato. Egli recriminerà contro la sfortuna senza capire che la colpa è solamente sua e del suo comportamento. Questo tipo di giocatore perde quasi sempre: solo il tempo impiegato ad esaurire il capitale varia, poiché il suo gioco, per usare un tipico termine bancario, è sconfinato, cioè senza obiettivi precisi e senza un punto d'arrivo determinabile, e questo rende il giocatore infinitamente indifeso nei confronti della Roulette.
Il giocatore dell'esempio precedente non è capace di graduare la vincita possibile e ne insegue una non verosimile. Grandi analogie sono ritrovabili nel giocatore che, non accettando mai la perdita, continua ad oltranza con l'intento di recuperare ad ogni costo, e così facendo aggrava inevitabilmente la situazione: infatti, quantificando e accettando una perdita di normale entità rispetto al proprio tipo di gioco, diventa verosimile bilanciarla poi con una successiva vincita, ma questo è impossibile se abbiamo perso molto di più insistendo in maniera irragionevole nel gioco sfavorevole.

Altro errore tattico molto comune è quello di non riconoscere che esistono, e sono inderogabili, delle proporzioni tra quanto si rischia e quanto è possibile vincere: il giocatore non può pretendere di entrare in una casa da gioco con un milione in tasca e uscirne con duecento!
Molto più realistico sarebbe il contrario, ma non è necessario arrivare a tanto: basterà infatti tener presente il tipo di gioco che si pratica, le probabilità di cui si dispone, e di conseguenza porsi obiettivi realistici, e non fantasiosi o adatti ai film e ai romanzi. La vita e le sue vicende, ivi compreso il gioco, non sono fantasie e l'inverosimile non si avvererà mai.
Da ultimo voglio segnalare un comune errore tattico in cui incorrono i sistemisti: durante lo svolgimento del loro sistema alcuni eccedono in aggressività lasciandosi così coinvolgere in un gioco troppo violento, che sarebbe gestibile in maniera più ragionevole e perciò più redditizia; altri per contro sono trattenuti da troppa prudenza, non eseguendo il sistema in modo corretto o completo, e perdendo così tante occasioni favorevoli.
Se si decide di sfruttare le potenzialità di un sistema, allora occorre seguirlo scupolosamente e senza alcun sbalzo emotivo, né a favore né a sfavore del gioco che via via si forma.

Molto più importanti e numerosi sono tuttavia gli errori di origine psicologica, e molto più devastanti sono gli effetti di questi errori.
Prima di tutto occorre dire che il buon giocatore deve essere dotato di molteplici qualità psicologiche: sinteticamente la mentalità e le convinzioni popolari definiscono il grande giocatore come un uomo dotato di "carattere".
Ma che cosa è dunque questo "carattere" di cui tanto si parla? E perchè è così difficile acquisirlo? L'espressione popolare "carattere" riassume in sè una serie di aspetti della personalità di chi gioca, e di comportamenti conseguenti.
Di seguito descriverò quelli che ritengo essere i più importanti e significativi.

Emotività e mancanza di autocontrollo sono spesso alla base delle più sonore sconfitte. Il giocatore di carattere deve controllare sè stesso non lasciandosi trascinare dalle fasi negative perdendo troppo, e tantomeno catturare dall'ebbrezza delle vincite, sciupandole stupidamente; non deve altresì farsi prendere dalla paura di affrontare i rischi necessari, se questi sono ragionati e calcolati, perchè questo comportamento gli impedirà di sfruttare completamente il proprio gioco e le opportunità che gli si presenteranno, condannandolo alla sconfitta, poiché la Roulette, al contrario, sfrutta completamente e immancabilmente tutte le opportunità che gli si presentano, o meglio, che noi gli offriamo con le nostre debolezze e col nostro titubare.
Grave errore è pensare che, sul gioco, l'orgoglio sia sempre e comunque una qualità: sicuramente lo è, a patto che sia mediato e regolato dall'intelligenza. Così, se osservate un giocatore che si accanisce contro la cattiva fortuna (così pensa lui) o meglio contro una fase negativa che normalmente si alterna a fasi positive (così pensiamo noi) e perde grosse somme, sappiate che sicuramente egli non è dotato di quel "carattere" di cui stiamo parlando.
L'opposto dell'orgoglio, in un certo senso forse non esatto dal punto di vista lessicale ma appropriato per quanto riguarda il gioco d'azzardo, è il complesso d'inferiorità accompagnato dal vittimismo.
Questi scompensi della personalità, indipendentemente dalla causa da cui sono originati, affliggono alcune persone le quali, per sfogarsi e trovare pace, sentono l'esigenza di stordirsi e dimenticare le proprie vicende. Spesso chi è affetto da vittimismo, vi si macera e, masochisticamente, più sta male più cerca di peggiorare, conducendo sè stesso in un meccanismo perverso senza vie di uscita. E' difficilissimo aiutare queste persone, e lo dico, purtroppo, per esperienza personale.
Ognuno di questi sfortunati si sceglie la forma di autodistruzione che preferisce, non escluso il gioco d'azzardo, e non si può negare che lo stordimento creato da un vorticoso e immancabilmente disastroso giro di puntate non abbia nulla da invidiare a quello provocato da dosi massicce di alcool o dall'assunzione di sostanze stupefacenti.

Molti danni sono provocati anche dalla superstizione e dalle convinzioni di preveggenza così frequenti nei giocatori. Un mio amico, superstiziosissimo, una volta mi disse che nessuno poteva a ragione definirsi esente da questo aspetto del carattere se non aveva mai praticato il gioco d'azzardo: come dire che tutti i giocatori sono, chi più e chi meno, superstiziosi. Io posso dire che i migliori giocatori che ho conosciuto, se non erano superstiziosi, almeno lo dissimulavano molto bene e comunque non facevano mai nulla in dipendenza di ciò.
La superstizione ci impedisce di ragionare e di mantenere il controllo degli eventi. Peraltro la superstizione stessa non va confusa con la scaramanzia o con i comportamenti ossessivamente previdenti riconducibili alla "scommessa di Pascal", un celebre filosofo del XVII secolo che, non credendo all'esistenza del soprannaturale, ci scommetteva assicurandosi così una buona sorte anche nel caso in cui si fosse sbagliato e il soprannaturale fosse esistito: Pascal non era superstizioso, era soltanto un uomo molto prudente.
Peggio della superstizione è la convinzione di alcuni di poter, anche se solo a volte, predire il futuro: la saggezza degli anziani emiliani definiva questa come "la sentita". Esempio di questo comportamento è il giocatore di Chemin de Fer che, avendo vinto per due o magari tre colpi un banco, lo passa e gli va contro (!) raddoppiandolo per diverse volte col proprio denaro; costui agisce completamente contro le regole del gioco (è ovvio infatti che allo Chemin de Fer i soldi si guadagnano col banco e non alla punta, e lo sanno tutti) e l'unica ragione per cui lo fa è quella della "sentita": egli sente che il banco cadrà e quindi lo passa, e gli va contro.
Ogni commento ulteriore è inutile: questo tipo di giocatori andrà inevitabilmente incontro alle delusioni più atroci!

Mille e mille altri difetti si potrebbero elencare, dalla spavalderia che induce a credere di essere onnipotenti (dimenticando i rischi) alla scarsa umiltà che porta il giocatore a perdere il rispetto dovuto alla macchina e alla sua potenza, e alla frenesia del giocatore che senza alcuna logica copre il tavolo con poste consistenti (senza nemmeno ricordarsele tutte tante sono) per poi vedersele contestare dal primo disonesto di turno, che purtroppo non manca mai.
Infine occorre menzionare le persone, purtroppo molto numerose, che giocano per inseguire un'illusione, per risolvere i propri problemi o per smettere di lavorare.
Costoro non fanno altro che aggiungere un nuovo e grande problema ai tanti di cui già soffrono e nessuno, statene certi, troverà soluzioni praticabili: un antico e sano proverbio recita pressappoco così: "Chi dal gioco spera soccorso, metterà il pelo lungo come l'orso", e nei proverbi è contenuta la saggezza dei popoli.
In quanto a smettere di lavorare, mi sento di affermare con certezza che, date le grandi qualità di cui dispongono, i migliori giocatori sono ben lungi da questo desiderio: essi sono per la maggior parte contenti del proprio lavoro, sono realizzati in tutti i sensi compreso quello economico e nessuno di essi lascia il proprio lavoro per correre a giocare, ma fanno in modo che le due attività coesistano pacificamente, e con le dovute e ovvie priorità.