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  Buoni giocatori e cattivi giocatori
Chi è il giocatore?
Quali sono i motivi che spingono una persona a intraprendere questa complessa e rischiosa attività?
Perchè secoli di pratica del gioco d'azzardo, e fiumi d'inchiostro impiegati a spiegare la sorte ineluttabile a cui va incontro il giocatore non sono serviti a creare delle difese immunitarie contro questa che con tutta probabilità è la "malattia" più diffusa in assoluto al mondo?
Questi e molti altri interrogativi sono pienamente legittimi e producono nelle persone che per la loro storia personale non hanno mai avuto occasione di avvicinarsi al gioco quella naturale diffidenza verso il gioco e i giocatori in genere; talvolta addirittura questa diffidenza lascia il posto a disapprovazione, disprezzo o senso di superiorità dei "benpensanti" nei confronti dei giocatori stessi.

Per capire quanto questo sia vero e frequente nella vita di tutti i giorni basterà che ogni lettore, che non si consideri immune dal gioco, faccia un piccolo esame di coscienza e ricordi, con la massima onestà verso sé stesso, tutte le occasioni nella sua vita nelle quali ha sentito il bisogno di nascondere la propria "malattia", salvo poi sentirsi, poiché in cuor suo sapeva di non avere niente di disonorevole da nascondere, incompreso: Vogliamo immaginare il funzionario bancario, persona integerrima e morigerata, ordinata, puntuale, rigorosamente monogama, che all'atto di un colloquio preliminare con il direttore, a seguito del quale verrà proposto per una promozione, confessi al superiore la sua attività di giocatore; e che dire del bravo e giovane artigiano che, chiedendo un mutuo per sviluppare la sua attività, alle inevitabili domande sulla sua vita privata, rispondesse al mutuante che per hobby frequenta settimanalmente una casa da gioco; e ancora potremmo parlare di una coppia di innamorati che, ai loro primi incontri, parlando di se stessi fino ai più profondi e gelosamente custoditi segreti, a un certo punto della conversazione dichiarassero la loro fede nella dea bendata e nei suoi molteplici riti.

Come il lettore avrà certamente capito, gli esempi di questo genere sono infiniti e in alcuni di questi, forse, si sarà riconosciuto, e quale giocatore può negare di aver vissuto parecchie volte la stessa esperienza: occorre in realtà una esemplare sicurezza in se stessi e nelle proprie idee per poter affrontare in maniera onesta le situazioni descritte e non nascondersi dietro penose bugie: Nella maggior parte dei casi si mente sulla propria attività di giocatore poiché si ritiene impossibile combattere i pregiudizi, e si vuole evitare gli effetti negativi che ne derivano e che non si ritiene di meritare.
Singolare è poi un aspetto: Le persone descritte negli esempi precedenti si guarderanno bene dal confessare all'interlocutore le proprie frequentazioni di Casinò o di bische clandestine, di nottate di Poker con gli amici o di memorabili sfide casalinghe a Chemin de Fer, mentre non avranno presumibilmente nessuna difficoltà ad ammettere di compilare di tanto in tanto una schedina del Totocalcio, o di acquistare un biglietto della lotteria di Capodanno: Il comune giudizio popolare condanna senza appello il gioco celebrato dai romanzi e dal cinema, mentre non si preoccupa minimamente del gioco organizzato (spesso dallo Stato ) e capillarmente diffuso, oltre che seguito e pubblicizzato, con la complicità della televisione e dei mass media in genere.
Ogni lettore può valutare l'evidente assurdità di questa situazione.

Il lettore esperto in calcoli matematici applicati al gioco saprà certamente che le probabilità di vincita (confrontate con l'entità della somma vinta ) di cui gode chi punta al Totocalcio sono di gran lunga inferiori a quelle di cui lo stesso giocatore potrebbe usufruire partecipando a qualunque gioco in uso nei Casinò.
Il lettore che non abbia chiaro il concetto di probabilità potrà raggiungere la stessa consapevolezza con una semplice osservazione empirica: Il Totocalcio, utilizzando il denaro puntato, paga tutte le spese di conduzione del gioco (che sono ingenti), paga le tasse allo Stato sul totale delle giocate e finanzia il Coni( che sostiene buona parte dello sport italiano) e, solo dopo, con il denaro rimanente, paga i giocatori vincenti, mentre, per garantire ai giocatori una probabilità equa; dovrebbe destinare al montepremi da distribuire il totale delle somme giocate.
Le lotterie e il lotto poi, a mio parere, non possono nemmeno essere considerate giochi d'azzardo (tanto bassa è la probabilità di vincere ) ma semplicemente dei prelievi fiscali compensati soltanto da quell'alea di speranza che di razionale non ha nulla ma che è di conforto a tanta gente.
Il giocatore affronta quindi tutti questi luoghi comuni con la consapevolezza delle proprie ragioni e dell'impossibilità di rendere partecipi di queste ragioni i propri simili.
Il giocatore è un uomo solo.
Le attività sociali di gruppo (peraltro meritevoli) sono lontane dal giocatore e dal suo travaglio psicologico come la Luna dalla nostra Terra.

I giocatori a volte si incontrano, ma non si stabilisce mai tra loro una collaborazione, un feeling, poiché ognuno di essi vive la propria vicenda, che non è simile a nessun altra, come la propria storia personale.
Non è peraltro credibile nemmeno l'amichevole partitina tra amici: Se la posta in gioco è significativa si stabilirà immediatamente la competizione, e come conseguenza, la volontà di ognuno di superare gli avversari, amici o no.
Ogni giocatore ha una motivazione per iniziare a giocare, e molte altre per continuare a farlo: molte di queste sono a livello inconscio e lo stesso giocatore non ne ha la consapevolezza e non saprebbe spiegarle ad altri, ciò nonostante ne subisce l'influenza. I giocatori sono, in quanto uomini, tutti diversi tra loro e questo di fatto preclude ogni possibilità di classificarli e ridurli entro rigide categorie senza necessariamente escluderne tantissimi; di fatto possiamo dire che le tipologie dei giocatori sono infinite così come le varianti a ciascuna tipologia in base ai diversi profili psicologici individuali: in poche parole anche quando noi potessimo qualificare un giocatore all'interno di una determinata tipologia, non ne avremmo comunque un quadro preciso e paragonabile ad altri della stessa tipologia, poiché questi avrebbero personalità diverse.

Occorre quindi rinunciare alla classificazione rigida e al giudizio oggettivo sull'uomo giocatore in quanto, appunto, è un uomo: Una classificazione siffatta è invece possibile per i giochi e per le macchine adibite ai giochi stessi.
Ognuno dei tantissimi giocatori gode di una personalissima opinione sui fatti della vita, e sul gioco in particolare.
Il discorso potrebbe continuare all'infinito per poi accorgersi, confrontando le varie personalità, che non si può pretendere di classificare i giocatori in un catalogo con tanto di note caratteristiche o specifiche tecniche, perchè essi sono uomini e non macchine, le loro azioni sono spesso dettate dalle emozioni e non dalla razionalità e dal calcolo, e si sa che le emozioni sfuggono a qualunque recinto nel quale le si voglia costringere, e fluttuano libere come lo spirito di un intellettuale.