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  Storia delle scommesse: i giochi di azzardo nella Roma antica
Il gioco è vecchio almeno quanto l'uomo e gli storici hanno scoperto che quasi tutte le civiltà del passato hanno avuto a che fare con il gioco e le scommesse.
La civiltà romana non si è sottratta a questa regola ed è sorprendente scoprire come tanti giochi ancor oggi praticati erano già diffusi presso gli abitanti della città eterna.
Alcuni di essi non hanno quasi subìto cambiamenti.
Altri si sono evoluti in giochi a noi più familiari mentre altri si sono persi per sempre.
Una cosa che invece non è andata affatto persa è la passione e il grande "appeal" che le scommesse e il gioco di azzardo hanno sempre esercitato sugli uomini e a sentire certi racconti ci sembra di legggere pagine di cronaca moderna.

In questo curioso ed interessante articolo, tratto dal libro di Alberto Angela - "Una giornata nell'antica Roma" - Mondadori Editore, vi vogliamo svelare la grande passione che gli antichi romani nutrivano per il gioco e per le scommesse in denaro.
In 2000 anni non è cambiato nulla....

I giochi degli adulti
Continuiamo il nostro cammino e passiamo davanti a quella che ha tutto l'aspetto di un'osteria, dove due vecchi sono impegnati in una strana attività. Sembrano litigare gesticolando animatamente.
Avvicinandoci scopriamo che l'atmosfera è in realta molto distesa. Lo si vede anche da alcuni avventori che stanno loro attorno, sorridendo.
I due vecchi stanno giocando alla ... morra (il suo vero nome e micatio). Alzano l'avambraccio e lo diistendono violentemente verso il basso urlando un numero e mostrando solo alcune dita alIa volta. Lo scopo, lo sappiamo, è quello di indovinare in anticipo la somma delle dita mostrate da entrambi i giocatori.
Tuttavia colpisce vedere un gioco così "familiare" in un'epoca tanto lontana. E' un vero reperto archeologico, antico quanto gli oggetti che vediamo nelle vetrine dei muusei. E non è il solo.
Per le vie di Roma si gioca e si scommette con il "testa o croce".
In realta si dice navia aut capita, cioe "nave o testa", perche le monete recano su un lato la testa di Ciano bifronte e sull'altro la prua di una galea.
Con il tempo le effigi sono cambiate ma non l'espressione, che è arrivata fino ai nostri giorni con miliardi di monetine lanciate per aria nel corso dei secoli.
Un altro gioco arrivato fino a noi e tipico delle strade di Roma è il pari o dispari (qui lo chiamano par impar).
In realta, è un gioco un pò diverso perchè consiste nell'indovinare il numeero di sassolini che l'avversario nasconde in mano.

Entriamo nell'osteria, passando accanto ai due vecchi che continuano a giocare. Quello più basso, senza capelli, senza denti e con un naso molto pronunciato, è davvero esagitato: a ogni cifra urlata emette un'ondata di piccoli sputi.
L'altro, invece, è impassibile, ha il volto ligneo percorso da mille rughe e i capelli a spazzola. Tiene gli occhi semichiusi e muove ritmicamente la mano, scandendo ogni volta cifre diverse.
C'e un'espressione molto bella che è figlia di questo gioco.
Nella Roma di Traiano vi diranno che "una persona è talmennte onesta da poterci giocare alla morra al buio... ". Dentro il locale notiamo una tenda, dovrebbe essere quella del retrobottega. Ma allora perche da dietro provengono così tante urla e voci concitate?
Proviamo ad avvicinarci e scostiamo la tenda entrando in una piccola sala. E' una bisca! Al centro c'è un tavolo con degli uomini che giocano ai dadi. Deve essere una partita importante.
A ogni giocata il padrone annota le vincite facendo addirittura una tacca su uno spigolo delia parete. Ma non è vietato il gioco d'azzardo? Si, lo è. Così come lo sono le scommesse (al di fuori del Circo Massimo e del Colossseo).
La legge è chiara: si viene puniti con ammende fino a quattro volte la posta messa in palio. Inoltre il diritto romano non riconosce i debiti di gioco, quindi nessun avvocato vi potra mai aiutare a recuperare i soldi persi con l'azzardo.
Eppure qui tutti giocano ... In effetti, anche se la legge condanna le scommesse e il gioco d'azzardo, le autorita chiudono un occhio e nessuno esegue i controlli.
Basta solo non trasgrediire alla luce del sole: come qui, in questo retrobottega. Il luogo è davvero identico a quelli che si vedono nei film con i giocatori di poker. Ovviamente le carte da gioco compariranno solo fra molti secoli. I dadi (tesserae) le sostituiscono egregiamente.

Enormi fortune sono state dilapidate con questo gioco. Tanti hanno trovato la morte. Esistono persino dei dadi truccati.
Uno è inchiodato al muro, come monito. E' come dire: qui non si bara.
Ci avviciniamo incuriositi per osservarlo meglio: dentro è cavo e ha due tappi per mascherare il trucco.
Fuori doveva semmbrare perfetto. Ma a uno dei lati interni è stata fissata una "zavorra" di piombo, in modo che il dado tendesse a fermarsi più spesso su un lato. Il proprietario e i suoi amici se ne devono esssere accorti. Chissa cosa è successo al baro.
Alcune piccole maccchie e degli schizzi color marrone non perfettamente lavati in un angolo della stanza fanno intuire come è andata a finire ...

Ci avviciniamo discretamente al tavolo. Gli uomini urlano e imprecano a ogni lancio. I dadi vengono tirati a gruppi di due, tre o quattro a seconda delle partite usando un bicchierino di terracotta (fritillus) che ha un curioso peduncolo: sembra un biccchiere a calice spezzato.
Quindi difficilmente sta in piedi e cade se viene anche solamente sfiorato. Forse è un modo per evitare che qualcuno ci infili un dado truccato senza essere visto ...
Le regole sono quelle universali. Si sommano i punti delle facce dei dadi rivolte verso l'alto.
Quello che cambia sono i nomi dei vari tipi di lancio. Quando tutti i dadi mostrano il numero 1, un tiro davvero sfortunato, si dice che è il "punto del cane".
Se invece tutti mostrano il numero più alto, il 6, allora si dice che è uscito il "punto di Venere".
Ai bordi del tavolo sono accumulati piccoli gruzzoli di sesterzi in bronzo e denari in argento.
Sono giocate pesanti. Ma rispecchiano bene la febbre del gioco che divora i romani.
E' davvero sorprendente, tutti giocano o scommettono a Roma. E non parliamo solo del popolino.
E' rimasto famoso il caso di Augusto, capace di perdere addirittura 200.000 sesterzi (400.000 euro) in una sola giornata.
Se fosse vissuto in epoca moderna, questo grande della storia romana sarebbe stato messo in cura.
La sua infatti era una vera malattia: quando invitava ospiti a casa, consegnava a ognuno di loro un sacchetto contenente 25 denari in argento per poter giocare (ridistribuendo spesso le sue vincite per poter continuare!) ...

Lasciamo la saletta. Le urla e la tensione sono diventate tropppo alte, la situazione potrebbe degenerare.
Uscendo ritroviamo i due vecchietti che giocano rumorosaamente alla morra. Poco oltre scorgiamo due soldati che si sono seduti a un tavolo e hanno cominciato una partita del gioco delle dodici scritte (duodecim scripta, molto simile alla nostra tavola reale).
Un altro intrattenimento molto amato dai romani.