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  Il poker è un gioco d'azzardo?
Un luogo comune, peraltro ripreso nelle norme di legge che regolano la materia, include il Poker fra i giochi d'azzardo, come tali proibiti dalla legge e permessi soltanto in alcuni luoghi e a certe condizioni.
In questa ottica il Poker è parificato alle cartelle delle Lotterie o alle scommesse sui cavalli.
Ai nostri giorni, questa sembra ormai una grossolana forzatura. Un gioco d'azzardo si basa per definizione sulla fortuna e sul suo influsso decisivo nell'andamento di vincite e perdite: l'abilità del giocatore è tutta nella sua capacità di previsione su come andrà a finire il gioco.
Una legge inglese del 1960 afferma che va considerato "gioco d'azzardo" qualsiasi "gioco nel quale vi siano elementi di rischio e in cui la finalità primaria è giocare per denaro".
Come sanno bene gli innumerevoli appassionati (ma anche tutti coloro che conoscono il gioco sia pure superficialmente), nel Poker il denaro è un elemento "costitutivo": non si può giocare a Poker senza scommettere soldi o comunque beni cui si attribuisce un valore reale e non simbolico.
Inoltre nel Poker il caso ha sicuramente una enorme influenza: non si tratta solo della frequenza con cui arrivano le combinazioni alte. Un giocatore può infilare Full, Colori e Poker senza vincere nessun piatto significativo. Le mani fortunate sono soprattutto quelle in cui una combinazione vincente entra al momento giusto e si scontra con altre combinazioni inferiori di valore, permettendo a chi la possiede di aggiudicarsi un piatto ricco e combattuto.
Ora, lo stesso schema si realizza in qualsiasi gioco a scommessa: quando formulo un pronostico sul risultato di un gioco, sto giocando contro altri giocatori che hanno pronosticato il contrario e, se la fortuna mi assiste, ne esco vincente, mentre loro perdono.
Questo accade se scommetto su un numero della Roulette, sui numeri del Lotto, sull'esito di un incontro di pugilato o sulle corse dei cavalli.
Per non parlare della Schedina del Totocalcio e dei risultati delle partite di calcio: se gli avversari della squadra che ho pronosticato vincente colpiscono pali e traverse, sbagliano rigori, si mangiano i gol e invece la mia squadra segna con un fortunoso contropiede, vuol dire che la fortuna mi assiste e le cose sono andate per il verso giusto.
Insomma, nei giochi a scommessa, si rischiano dei beni di valore (soldi o altro) su un pronostico: questo "azzardo" può essere confermato o smentito dal risultato reale, che fa testo ed è verità incontrovertibile.
In generale chi scommette non può far nulla per influenzare il risultato, salvo ricorrere ad attività criminali, come truccare le partite, le corse o altro.
In conclusione, si scommette e si sta a vedere come andrà a finire: questo è l'azzardo puro, come si sa nobilitato da millenarie riflessioni filosofiche e fantasiose invenzioni letterarie.

Ma c'è anche un azzardo diverso, dato che non tutti i giochi a scommessa funzionano così: ce ne sono molti dove il risultato vincente non è sempre quello che appare. Se ad esempio mi trovo a giocare a Sette e Mezzo, o a Baccarà, o a Black Jack, devo spesso provare a capire se la carta coperta del mio avversario è più forte della mia, come lui sta cercando di farmi credere. Dovrò per forza ragionare non solo sulle carte che stanno sul tavolo, ma anche e soprattutto sui comportamenti del mio avversario, per cercare di capire se dichiara la verità o finge.
Questo si chiama "bluff" ed è l'elemento di grande "seduzione" dei giochi portati ad esempio.
Ora, non c'è dubbio che il Poker sia un gioco dove, come abbiamo visto, la scommessa è fondamentale e dove quindi c'è l'azzardo del pronostico.
Ma qui la scommessa si incrocia con l'altro elemento centrale del gioco, il bluff. Il Poker, molto di più dei giochi sopra citati, è il gioco del bluff: in una sola mano posso bluffare sull'apertura, sulla dichiarazione e sul rilancio (o addirittura su vari rilanci).
In questo caso il bluff è una costruzione complessa, un "racconto" a diversi capitoli, che ha un suo sviluppo specifico e mette capo a "finzioni" complesse. Naturalmente tutto ciò è possibile perché le regole del Poker prevedono che nessun giocatore sia matematicamente sicuro di vincere: nel Poker non c'è un "traguardo" certo che, una volta superato, permette al giocatore di essere certo della vittoria.
Anche una combinazione molto forte può essere battuta. "Simola e dissimola" recita una massima del Cardinale Mazarino, insigne uomo di Stato del Seicento francese, a proposito dei principi costitutivi dell'agire politico.
In termini di Poker non potremmo mai tradurre l'ammonimento del Cardinale in "impara a mentire bene", ma dovremmo dire "fingi e strafingi", che è cosa assai diversa.
La menzogna si iscrive in un sistema di valori che privilegia la morale, la finzione è una costruzione narrativa che prescinde di per sé da qualsiasi valore etico.
In questa ottica una partita di Poker è un racconto a più voci, in cui ciascuno opera seguendo il principio "costruisci la tua verità e fa sì che gli altri ci credano".
Hic Rodhus, hic salta: questo è il cuore del problema. Nel Poker il bluff non è una semplice bugia: è un racconto lungo che si snoda (esso sì, di mano in mano) nei segni delle carte, delle fiches che si puntano, dei gesti, dei toni e delle espressioni che si adottano.
Questo racconto si sviluppa in episodi in apparenza staccati l'uno dall'altro, ciascuno quasi sempre effimero e secondario: ma nel loro insieme, i bluff che un giocatore opera durante una partita sono elementi di una "seduzione" duratura e costante.
Fra molti giocatori di Poker è diffuso un luogo comune che individua il bluff nel fatto di alzare molto il valore della puntata: si tratta di un'idea rozza e meccanica che fa coincidere il bluff con una delle tante situazioni che possono verificarsi nel corso della partita.
Infatti non è vero che per un buon giocatore il bluff consista nell'alzare a dismisura la puntata per aggiudicarsi la mano.
A volte può bastare semplicemente un piccolo rilancio, adeguato alla situazione degli altri giocatori in quel momento.
Il bluff è molto di più. Non è azzardato dire che il bluff fa parte dell'arte del "sedurre", dell'apparire altro da sé, del saper convincere gli altri al di là di ogni ragionevole dubbio.
Non c'è dubbio che si tratta di un esercizio faticoso e difficile, frutto anche di un addestramento laborioso e consapevole: si tratta di un'arte di non facile padronanza, che può iscriversi in una tradizione di linguaggio "ambiguo" tipicamente femminile.
Il bluff implica una multiforme capacità di immaginazione, una buona comprensione degli altri e un vigile, duraturo controllo di se stessi e dei propri stati d'animo. Si sente dire spesso che il talento di un giocatore di Poker sta nel saper mascherare le proprie emozioni: questo è sicuramente vero, ma coglie solo un aspetto della questione.
Nel corso di una partita un giocatore bravo riesce a mettere in campo quella "empatia" che gli permette di "sentire il tavolo", cioè di essere sempre presente, per percepire e immagazzinare gli umori, le inquietudini, i desideri degli altri e di farne tesoro per raccontare loro la "sua" verità.
Trovarsi di fronte ad un giocatore che conosce bene quest'arte, che sa bluffare con maestria ed eleganza, che ha un suo "stile", non è cosa comune.
Ma, quando capita, è come osservare i movimenti di un grande talento del pallone su un campo di calcio, i colpi di un asso del tennis o quelli di un maestro della stecca sul panno verde di un biliardo.
Naturalmente la questione è lontana dall'essere risolta, anche perché non ha senso giocare a Poker senza una posta in palio: raramente una partita di Poker si conclude in pareggio, ci sono sempre vincitori e vinti.

E poi c'è una "cattiveria" specifica del gioco, che invita i giocatori a sfruttare un punto il più possibile.
E' per queste ragioni che molti si sentono autorizzati a stigmatizzare il Poker come una diabolica dannazione. Non a caso un giocatore esperto è visto spesso come una emanazione demoniaca, una sorta di "angelo sterminatore", che, pur di vincere, è pronto a ghermire la buona fede degli altri giocatori, "povere anime innocenti".
Ma chi sta ad un tavolo da Poker dovrebbe sapere di essere implicato in una sfida che prevede esattamente questo: il Poker non premia il candore e l'ingenuità.
Chi pensa il contrario deve subito trovare un altro gioco da fare.
Va detto infine che una cosa è confrontarsi con giocatori di sperimentata abilità.
Tutt'altra cosa è imbattersi in bari e imbroglioni, pronti ai più diversi trucchi da prestigiatori pur di alleggerire le tasche altrui. Costoro sono deleteri, oltre che per ovvie ragioni morali, soprattutto per ragioni estetiche, dato che le loro attività inquinano la bellezza del gioco e spostano i delicati equilibri che si costruiscono in una partita.
Personaggi di questo tipo si possono incontrare più di frequente di quanto non si pensi: vanno riconosciuti al più presto ed evitati con la massima cura.
Si può dunque escludere con buona certezza che il Poker sia un "gioco d'azzardo": mentre è palmare che sia un gioco di "abilità e di scommessa", dove, molto più che in altri giochi di carte, viene esalta la speciale capacità dei giocatori di costruire finzioni complesse e spesso convincenti, esaltando le doti di seduzione di ciascuno.